Se solo vedessimo i mille sacrifici che fanno ogni settimana gli arbitri
Claudio fa l’arbitro da una vita. C’é un Claudio che conoscono tutti. É quello sul campo con giacchetta, pantaloncini e fischietto che corre mentre dirige la gara. Quando va bene finisce tranquillamente e lui passa inosservato. Quando va male arrivano fischi, insulti e via dicendo. Rarissimi i casi (ma per fortuna esistono) in cui giocatori o dirigenti a fine partita gli dicono: "grazie arbitro, arrivederci". Sin qui nulla particolare. Ma c'è anche un Claudio che nessuno (o quasi) conosce. E non vale solo per lui. Esiste una parte invisibile per ogni direttore di gara. Venite a scoprirla insieme a me. C'è Claudio che la domenica mattina si alza presto, prepara la borsa e - da solo - corre al campo della sua prima gara. C'è un Claudio che non fa nemmeno la doccia perché finita la partita deve salire in macchina di corsa e correre ad arbitrare un’altra gara. C'è un Claudio che arriva a casa il tardo pomeriggio (dopo essere uscito di casa la mattina ed aver fatto magari 2/3 gare) e deve sopportare i rimbrotti di sua moglie che giustamente gli dice: "ma possibile che ogni domenica la stessa storia? Basta con questa passione di arbitrare!". C'è Claudio che per qualche suo errore (capita a tutti) non ci dorme la notte. Un giocatore se sbaglia può ricevere l’incoraggiamento dell’allenatore e dei suoi compagni. Claudio no, con quell’errore deve conviverci e superarlo da solo. C é Claudio che una volta al mese corre in Csi per la riunione tecnica di aggiornamento. C'è Claudio che partecipa a seminari di approfondimento tecnico e la sera, appena finito il lavoro, corre a casa a studiare sulle dispense le nuove casistiche del regolamento. C'è Claudio che ha sempre la borsa pronta in macchina... (con sua moglie che urla: "io non sono una lavanderia”). Spesso al lavoro riceve una telefonata dalla commissione designazioni: "senti, l’arbitro designato per la partita di stasera alle 19 ha la febbre. Ci vai tu per favore?". Eccolo che corre via dal lavoro di corsa, con il suo capo che se lo mangerebbe perché aveva promesso di fermarsi per un po' straordinari. C'è Claudio che tratta la sua divisa come fosse parte viva della sua pelle. La guarda con orgoglio ogni volta prima di indossarla. C'è Claudio che si dà da fare per raccolte di solidarietà all’interno del suo gruppo arbitri. C é Claudio che si rende disponibile ad andare a fare il tutor degli arbitri più giovani per farli crescere. C é Claudio che si becca una ramanzina infinita perché ha sbagliato una virgola nel compilare il referto (siamo severissimi su questo e su altri aspetti). Insomma, la vita di un arbitro non é fatta dei 2 tempi o dei 3 o 5 set o dei 4 quarti sul campo. Dietro c'è una passione immensa e mille sacrifici che non si vedono. Siamo sicuri che gente così non merita un sorriso a 36 denti ogni volta che arriva al campo: "grazie arbitro buona giornata e benvenuto. Senza di lei non saremmo qui a giocare". Siamo sicuri che se sbaglia va insultato e fischiato... non ci passa nemmeno per l’anticamera del cervello di pensare: "arbitro, io i sacrifici che fa lei non li farei mai. Se ha sbagliato pazienza. Capita a tutti". Certo, poi ci sono anche arbitri che davvero sono superficiali e che fanno arrabbiare. Esistono. Non lo nascondo. Come esistono i giocatori che si allenano poco e male. Ma se solo vedessimo i mille sacrifici che fanno ogni settimana gli arbitri che raggiungono i nostri campi... come cambierebbe il nostro modo di rapportarsi con loro. Massimo Achini |